La favola della mia vita


C’era una volta, una piccola bimba tutta sorrisi e bontà, si chiamava Lucia.
Era una bambina molto sensibile, tanto da percepire la qualità energetica di ciò che la circondava.
Il suo babbo e la sua mamma erano persone umili, poco istruite.
La mamma era sempre pessimista nei confronti del mondo e il babbo era un astratto sognatore, poco propenso al reale, perciò viveva con difficoltà il suo lavoro di artigiano idraulico.
Tutti e due erano insoddisfatti e trasmettevano solo frustrazione alla bimba riversando su lei la loro mancanza di potere sul mondo.
Questa bimba non voleva crescere. Il mondo dei grandi non le piaceva.
Il suo animo la portava naturalmente alla meditazione, appena poteva, passava il suo tempo seduta sui tetti a guardare le nuvole, ci ritrovava la pace e la gioia incantata.
Disegnava benissimo, aveva una capacità straordinaria nel copiare dal vero ciò che vedeva, amava la danza, il canto, la recita, ma tutto questo era visto solo come una perdita di tempo dai suoi genitori.
La bimba andava volentieri a scuola, ma a casa nessuno la esortava a fare i compiti, anzi, il suo compito principale era quello di aiutare mamma nelle faccende domestiche e papà nel suo lavoro in officina.
Quando raggiunse i 12 anni era bella nel suo manifestarsi piccola donna, ma il babbo la faceva lavorare coi guantoni, le faceva tagliare e incatramare tubi di ferro che poi vendeva.
La piccola Lucia era infelice e disorientata, non capiva chi fosse.
La sua confusione durò a lungo. Durò anche quando i primi giovanotti

cominciarono a manifestarle simpatia e attenzione.
Dovettero passare molti anni perché quella bimba ormai donna si riconoscesse tale, riconoscesse la sua femminilità e provasse piacere del suo corpo.
Tutto cominciò con uno strappo.
La giovane fanciulla ormai diciannovenne sentiva che nulla della sua personalità veniva rispettato o accolto dalla sua famiglia.
Decise di andarsene lontano.
Seguirono anni tormentati, confusi, pieni di incontri di tutte le qualità e la ragazza dovette imparare sulla sua pelle a distinguere il buono dal cattivo, la virtù, l’intelligenza, la cultura da tutto ciò che è basso e meschino.
Metri di paragone non ne aveva, o meglio, non aveva riferimenti sani su cui appoggiare le sue valutazioni.
Sbagliò tante volte e il suo animo delicato e sensibile fu ferito e lacerato.
Ci fu un periodo dove tutto era nero, più non sorrideva, più non cantava la giovane donna e il suo stesso esistere era tormento.
Pensò di farla finita, ma prima voleva risentire il padre.
Fu allora che quel padre la riportò in vita con parole mai pronunciate prima.
Fu allora che la ragazza rifiorì. – Corri – le diceva il padre – Corri a piedi nudi sui prati, prendi l’energia dalla terra, vai ed abbraccia gli alberi, sentiti prima fisicamente poi vedrai che anche la testa ti seguirà.
Quell’uomo semplice, senza troppe strutture, le salvò la vita.
La giovane si riprese, ritrovò la sua anima e con lei la sua arte.
Ora vive recitando e ovunque porta luce, gioia, amore e pace.