Testo di Marcel Martin
Regia di Luisa Baldi
Comunicare – in un’ora di spettacolo – Edith Piaf donna, essere fragile e fortissimo, amante generosa e bambina spasmodicamente bisognosa d’amore, evocandone le dissipazioni, le sfide e le tensioni spirituali, è impresa folle. Rendere il genio della Piaf in scena, avvinta nell’abbraccio del suo pubblico, quando ogni bene e ogni male si trasmutano, come nell’alambicco di un mago e l’esile passerotto dal vestitino nero diventa pura Voce, è impresa impossibile. Questa Piaf è un “flusso di coscienza” al femminile: una sorta di canto d’addio alla vita di una donna straordinaria, che dialoga al presente con i vivi e con i morti, tira le somme con disarmante onestà, spolvera e accarezza i ricordi minimi, che sono i più cari.
LA TRIBUNA di Treviso
Il Festival di Serravalle la scorsa settimana, ha registrato la significativa accoglienza del pubblico alle due recite di “Edith Piaf, il passerotto di Parigi” di Marcel Martin. La storia della Piaf, diva che aveva assoluto bisogno del palcoscenico, ma che viveva solo per l’amore, ha acquistato una rara capacità di concentrazione. La recitazione di Lucia Schierano ha condensato in un unico respiro l’atmosfera di un’epoca di cui si è goduto il profumo. Ne è emersa una donna straordinaria che sentiva scorrere fuori di lei un fluido elettrico, un misto di veleno e di potenza. Lo stesso fluido che Lucia Schierano, nel suo incedere narrante, ha trasmesso in platea e che le è stato restituito con lunghi applausi.
Alessandro Valenti