Elena Lucrezia Cornaro Piscopia



Testo: Maurizia Rossella Perandin, Lucia Schierano e Rudj Maria Todaro
Regia: Rudj Maria Todaro

Emozionante monologo, con un linguaggio semplice, immediato e a volte divertente, in poco più di un’ora mette in luce carattere e personalità della protagonista oltre al composito mondo culturale, sociale e politico della seconda metà del XVII secolo. Ambientato tra Venezia e Padova, quando alle donne era consentito soltanto il matrimonio o il velo, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia intraprende un cammino quasi scandaloso. Si consacra allo studio e alla passione intellettuale. Appoggiata dal padre Giovanni Battista, facoltoso e colto procuratore della Repubblica di Venezia, Elena Lucrezia dietro la vocazione alla severità, nasconde un temperamento orgoglioso, ribelle, appassionato.  Il monologo è teso a disegnare il ritratto di una donna straordinaria che, con la sua laurea all’Università di Padova in magistra philosophiae, è consegnata alla storia come emblema di ogni riscatto femminile. Sfidò i costumi dell’epoca e la mentalità contraria all’istruzione delle donne e, nonostante l’opposizione del cardinale Gregorio Barbarigo, vescovo di Padova, riuscì a sostenere e superare l’esame pubblico davanti a una moltitudine di persone.
E’ un lavoro a più livelli d’interpretazione e lettura, del quale rimane, tra sussulti e vibrazioni di forte impatto emotivo, il senso di un percorso umano e culturale teso alla ricerca di una ‘personale verità’ attraverso la conoscenza.

Il Giornale di Vicenza Solagna

Lucia Schierano, ha risolto la figura di Elena all’interno di un caleidoscopio screziato e immaginifico, fra le cui dissolvenze altri personaggi hanno fatto di volta in volta la loro apparizione. Su tutti, Maddalena, la piccola domestica di casa Loredan, che con la sua innocenza ha cucito con semplicità e immediatezza i diversi momenti di un’esistenza densa di interiorità, ma anche di episodi rivelatori. Una prova che l’attrice padovana risolve con accenti meditatamente introspettivi, cambiando spesso toni e registri, per dare forma e sostanza ora all’illuminato capofamiglia, ora alla piccola e scaltra Maddalena, ora all’incedere trasparente e fermo della splendida protagonista. E’un lavoro stratificato, che si presta a molte interpretazioni e letture. Tuttavia, ciò che resta alla fine, è il senso di un percorso umano e culturale in cui la ricerca di uguaglianza e di conoscenza diventa un modo per intraprendere un cammino nuovo, solitario, quasi scandaloso eppure esaltante e bellissimo.
Il tutto risolto all’interno di una scenografia, firmata dai Fratelli De Marchi, che ha nella leggerezza la sua carta migliore.
Una prova tanto emozionante quanto originale.

Maurizia Veladiano

Il Giornale di Vicenza
Elena Cornaro Piscopia affamata di cultura vera.
La toccante vicenda della prima donna laureata.

C’è un passaggio, una singola parola per la verità, nell’ottimo monologo Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, in cui l’interprete, la brava Lucia Schierano, tocca un vertice di perfezione. Dopo che Elena ha fatto la dissertazione che le vale la laurea in filosofia e un posto nella storia, le viene chiesto sei contenta? “In mezzo a questi sapienti – risponde – mi sembra di aver fatto un percorso di vanità”. Lucia Schierano riesce a dare a quel “sapienti” un’intonazione che si presta a varie letture, e che in un certo modo riassume la vicenda della veneziana Elena Cornaro. Fa una pausa dopo “questi”, poi pronuncia “sapienti” in tono lievemente interrogativo: Elena sa di avere, lei sì, una conoscenza tanto vasta e approfondita da poter tranquillamente competere con gli studiosi e i professori dello Studio padovano che pretende di giudicarla; anzi ha senz’altro più cultura di molti di loro. Il suo “sapienti” è quindi ironico, e piuttosto presuntuoso: lei ne è consapevole, si accusa di superbia e si mortifica nel corpo per tutta la vita. E volendo vedere in lei un’eroina dell’emancipazione femminile, è un “sapienti” anche sarcastico: come possono dirsi davvero sapienti questi uomini che si stupiscono che una donna – una donna! – possa arrivare a tali vette di conoscenza? Infine è un “sapienti” denso di amarezza: su questa terra la cultura, per quanto vasta, non può che essere parziale; per chi crede, la vera conoscenza si avrà solo quando si sarà varcata l’ultima porta.
Il monologo si gioca a quattro voci di personaggi realmente esistiti: Maddalena, sorta di narratrice, coetanea di Elena, sua dama di compagnia nonché insegnante di musica.
Il padre Giovanni Battista Cornaro Piscopia, orgoglioso della figlia, disposto a darle piena libertà di studio, ma anche desideroso di farne uno strumento di riscatto per la famiglia. Carlo Rinaldini, docente universitario, uno dei tanti insegnanti di Elena e forse quello che ebbe la maggiore influenza. Elena stessa, asceta della cultura, atterrita ed attratta dalla domanda ultima: “perché si muore?”. Elena che esce una sola volta dalle quattro pareti evocate sulla scena, quando appunto viene laureata, ma la prospettiva di uscire nel mondo le sembra un perdersi nella “vanitas vanitatum” e smarrire il senso del proprio cammino, che la porterà ad avvicinarsi alla dottrina del quietismo.
A ciascuno dei quattro personaggi Lucia Schierano riserva un’intonazione, un accento, una postura particolari con molto equilibrio, in modo che nessuno diventi una caricatura, ma sia invece rappresentativo di un mondo, la nobiltà veneziana, il mondo accademico, il popolo “basso” che tenta di affrancarsi. Solo Elena fa storia a sé, a meno di avvicinarla alle figure mistiche, come Santa Teresa d’Avila, che Elena cita più volte come proprio modello.
Il testo ha il pregio di non essere un’agiografia della Cornaro, di cui vengono messi in luce o suggeriti anche gli aspetti meno edificanti. E fa invece conoscere una vicenda umana che non lascia indifferenti.

Gianmaria Pitton